Nella cronaca di un bambino, il ritratto minuto e magnifico, scarno e pietoso, di un padre che decide di stare accanto al figlio detenuto ad ogni costo, accanto alla innocenza indifesa di ciascuno.
«Alla stazione salutava di proposito quei detenuti che trasferivano con la tradotta ferroviaria per far vedere agli altri, alla gente, che lui stava sul pianeta dei detenuti e dei bambini del Biafra, sullo stesso pianeta dei tossicodipendenti, dei paraplegici, dei barboni». Raccontata dalla voce narrante di un bambino, questa cronaca familiare può leggersi in due modi. È il ritratto, antisentimentale e impiantato su una quasi filosofica (alla Schopenhauer, viene da dire) etica della pietà, di un padre che decide di stare, ad ogni costo e ad ogni istante della propria vita, dalla parte del figlio condannato a una lunga detenzione: eroe ordinarissimo di un eroismo senza gesta, per lui il figlio è diventato una specie di incarnazione della più vera condizione umana: l'icona di una religiosità priva di trascendenza. Oppure è il ricordo di un'infanzia normale, in una famiglia del tutto normale, cresciuta col padre ferroviere e lo zio falegname, con la mamma maestra e la zia senza figli che alleva bengalini, con abitudini e tempi normali ma dentro cui irradia una specie di incantesimo - la galera del fratello - che trasferisce intera questa normalità come in un altro «pianeta», dove le gite fuori porta sono sostituite dall'andare ai colloqui in carcere. Ma entrambe le letture, ritratto o ricordo, hanno l’urgenza di una domanda senza scampo, di uno stupore doloroso di fronte a certi destini, a certi moventi, e di fronte al vuoto di senso umano che contorna il modo comunemente accettato di affrontarli. E la scabra testimonianza di un bambino esprime questa urgenza con la massima intensità.
1 Gennaio 2003
La memoria n. 565
116 pagine
EAN 9788838918421
Paolo D’Alessandro è nato nel 1963 ad Arezzo, dove tuttora vive, svolgendo la professione di restauratore di libri antichi.
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